“Gli studenti con funzionamento intellettivo limite rappresentano un’area grigia. Normalmente si prende in considerazione o la disabilità intellettiva o il cosiddetto studente normodotato. Gli studenti che hanno delle difficoltà non hanno nemmeno l’insegnante di sostegno. Non trovano una loro collocazione nella scuola tradizionale e in questo periodo potrebbero essere dimenticati”. A dirlo è Maria Cinque, professoressa associata di Didattica e Psicologia Speciale dell’Università Lumsa, che l’8 giugno prenderà la parola al seminario interattivo su ‘Disabilita’ intellettive e scuole chiuse: quale inclusione possibile?’, all’interno del progetto ‘Oltre le distanze’.
Insieme a Cinque interverranno Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia (Ido) e docente Lumsa; Italo Fiorin, presidente della scuola di Alta Formazione ‘Educare all’Incontro e alla Solidarietà (EIS)’ Lumsa, in qualità di moderatore; e una rappresentante dell’Associazione italiana persone Down.
L’altra popolazione di studenti da non dimenticare sono i gifted, “cioè gli studenti con alto potenziale intellettivo. Per capire quali sono le soluzioni che possiamo adottare nella scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado con gli studenti gifted – prosegue Cinque – abbiamo creato dei gruppi di lavoro, che si riuniranno dal 3 al 9 giugno. L’intenzione è di mettere a sistema alcune buone pratiche, e al momento i gruppi sono già al completo. Speriamo di poter rendere disponibili i materiali anche ad altri docenti”.
Sulla disabilità intellettiva la parola passa alla neuropsichiatra: “Si definisce principalmente in termini diagnostici rispetto ai due ambiti cognitivo e adattivo, ma si declina nella vita quotidiana in una molteplicità di aspetti, quali quelli emozionali, relazionali, comunicativi, sociali e delle autonomie. Per poter pensare, specialmente in questo periodo di emergenza e difficoltà, a interventi mirati e individualizzati – sottolinea Vanadia – è necessario conoscere a fondo le possibili e forse innumerevoli combinazioni che, tra funzionamento intellettivo e caratteristiche temperamentali e personologiche, definiscono il soggetto che abbiamo di fronte, più che l’oggetto che è un codice, quello diagnostico”.
Attraverso il suo intervento, la neuropsichiatra dell’IdO tenterà di offrire una sintesi tra elementi clinici e caratteristiche fenotipiche comuni, ma anche “differenze individuali e delle diverse fasi evolutive”. La sua relazione rappresenterà “una base sufficientemente stabile da cui partire per utilizzare gli strumenti della pedagogia e della didattica al fine di individuare e magari (re)inventare nuove strategie. E’ importante ricordare – aggiunge Vanadia – che nelle disabilità dello sviluppo, come nelle epoche di vita precoci, il pensiero è prevalentemente concreto ed è necessaria una continuità, non solo didattica, ma anche e soprattutto relazionale, che rimanga stabile e tangibile nonostante ci sia di mezzo uno schermo. C’è bisogno di vedere, di sentire, di essere parte di un gruppo (la classe), ma anche di avere garantiti degli spazi protetti ed esclusivi. Perché i nostri circuiti, cognitivi emozionali e motivazionali, non funzionano a compartimenti stagni – conclude – gli uni sono in grado di influenzare gli altri, in positivo ma anche in negativo”.
14/05/2020