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Pediatria, sabato il convegno Sispe fa il punto sui bimbi ‘complessi’ durante la pandemia

In programma l'intervento di Magda Di Renzo dedicato ai pediatri di famiglia

La nascita di un bambino con bisogni speciali complessi può essere uno tsunami. Mette in moto nei genitori dei meccanismi di perdita, fatica, dolore e sofferenza, che impattano fortemente sul sistema famigliare. Spesso poi la mamma o il papà sono obbligati a lasciare il lavoro per potersene prendere cura, e il più delle volte si tratta della madre. Generalmente, inoltre, sono nuclei monoparentali che improvvisamente e da soli sono chiamati ad affrontare numerose sfide: cambiare casa, cambiare vita, cambiare prospettive anche sul futuro, con il dubbio se avere o meno altri figli. Ecco che la nascita di un bambino con una patologia rara mette così in gioco la stessa stabilità di una coppia, dal momento che l’assistenza dovrà essere h24.

“Prendere in carico un bambino complesso significa, infatti, prendere in carico tutta la famiglia, e i problemi si amplificano se ci sono i fratelli (siblings), anche loro coinvolti in un sistema famigliare ad alta complessità. Il supporto psicologico diventa necessario per aiutare i genitori a sostenere un peso emotivo importante” dice Teresa Mazzone, presidente della Società italiana specialisti pediatri (Sispe), presentando l’appuntamento fisso che la sua società ogni dicembre dedica a ‘La Pediatria complessa’. Quest’anno il convegno si svolgerà sabato mattina in modalità webinar. Oltre Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, saranno presenti numerosi esperti a livello ospedaliero e del territorio.

L’intervento di Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), “ci darà delle sollecitazioni affinché i pediatri di famiglia non abbiano paura di prendersi in carico tali situazioni complesse- aggiunge Mazzone- che spesso sono anche un’opportunità di crescita umana e professionale”.

Il convegno Sispe metterà dunque al centro i bambini, in particolare quelli portatori di una patologia rara che richiede cure importanti in ospedale e sul territorio. Tante le domande a cui proveranno a rispondere i vari relatori: “Come ha affrontato la Pediatria questo aspetto in relazione all’emergenza Covid? Quali sono le cure a cui hanno diritto di accedere i bambini? Cosa è successo durante i mesi di pandemia? Cosa ha funzionato o non ha funzionato”, domanda ancora Mazzone. I bambini con bisogni complessi sono generalmente domiciliati, “nel senso che ricevono l’assistenza pediatrica a domicilio, integrata con la riabilitazione fisioterapica, neuromotoria e logopedica sempre a domicilio. Hanno spesso difficoltà ad alimentarsi o presentano la necessità di un supporto per respirare- continua la pediatra- possono soffrire di epilessia, oppure non riescono a muoversi, a comunicare o non possono andare a scuola. Richiedono l’attivazione di sistemi complessi quali l’integrazione ospedale-territorio, l’unica capace di garantirgli la migliore qualità di vita possibile”.

Durante il lockdown “abbiamo assistito a una grande difficoltà delle famiglie a continuare le cure domiciliari e a far entrare in casa i diversi specialisti (pediatra, broncopneuomologo, neurologo, gastroenterologo, fisioterapista, psicoterapeuta e logopedista). Sono, infatti, almeno cinque le figure professionali che ogni giorno incontrano i bambini con bisogni complessi (pediatra, fisioterapista, neuropsicomotricista, logopedista e infermiera). Alcune famiglie- fa sapere la presidente Sispe- hanno chiesto di sospendere l’assistenza domiciliare per paura che il figlio potesse essere contagiato. Una mamma mi ha detto: ‘So che se mio figlio dovesse ammalarsi di Covid, non avrebbe la precedenza nelle terapie rispetto a un bambino sano ma positivo al virus. Non me la sento di correre rischi, così rinuncio all’assistenza domiciliare integrata’”. Ecco che nei mesi della chiusura “sono saltati diversi controlli periodici ospedalieri- ricorda Mazzone- quali l’elettroencefalogramma, la risonanza o ancora le visite dal fisiatra ospedaliero anche solo per avere gli ausili”.

Per non parlare dei bambini con disturbi dello spettro autistico: “Proprio ieri a un ragazzo con una grave forma di autismo, per la quale il Dpcm prevede l’esonero dall’uso della mascherina, è stato proibito di entrare in un negozio proprio perché sprovvisto di mascherina. La società purtroppo- conclude Mazzone- ignora le situazioni complesse di persone e famiglie fragili”.