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L’INTERPRETAZIONE DELLA FIABA

20/21 Giugno 2018

Da secoli le fiabe, come prodotti della tradizione popolare orale, hanno suscitato curiosità sia dal punto di vista antropologico che da quello linguistico. Vari studiosi hanno elaborato delle ipotesi nel tentativo di spiegare non soltanto le origini ma anche la trasmissione e diffusione di questi racconti che si trovano in culture diverse tra di loro in forme pressoché identiche. La ripetizione degli stessi temi e motivi ha permesso ad alcuni studiosi (l’etnologo americano Stith Thompson e la classificazione Aarne-Thompson per esempio) di stilare elenchi delle dinamiche trovate nelle fiabe con maggiore frequenza e di elaborarne una sorta di tipologia.
Con la nascita e lo sviluppo della moderna psicologia del profondo, lo studio delle fiabe è entrato in un fase nuova. L’attenzione dello psicologo non si concentra su questi racconti in quanto semplici mezzi per ingannare il tempo e divertire i più piccoli. Profonde e universali dinamiche della psiche umana prendono forma e trovano la loro espressione nelle fiabe. Bettelheim proponeva la lettura delle fiabe per le lezioni di vita che contengono: bambini e ragazzi osservano e si identificano con personaggi che dimostrano, e a volte incarnano, delle capacità che il ragazzo, riflettendo in seguito sulle azioni del personaggio in questione, troverà in se stesso. L’esempio fiabesco di una figura coraggiosa o scaltra e piena
di risorse potrà liberare quelle stesse risorse inconsce del ragazzo, che si troverà a poter attivare queste doti nella propria vita.
Dal punto di vista freudiano, le fiabe ci permettono di osservare i passaggi della vita che portano al superamento delle varie fasi di sviluppo psico-sessuale, ma a volte ci forniscono anche una finestra per riflettere sui blocchi e gli ingorghi di energia psichica che ostacolano questi passaggi e producono stasi o delle fissazioni.
La tendenza della psicologia di Jung ad andare oltre sia la visione personalistica della vita psichica che l’approccio caratterizzato dal biologismo, naturalmente ha lasciato il suo segno sullo studio delle fiabe. Jung stesso ha dedicato alcuni suoi scritti ad un’analisi attenta di varie fiabe. Lo spirito nella bottiglia occupa buona parte del suo saggio sullo spirito Mercurius in alchimia, mentre il saggio La fenomenologia dello spirito nella fiaba prende in esame diverse fiabe. La cosiddetta Scuola di Zurigodell’interpretazione delle fiabe, inaugurata dallo stesso Jung e portata avanti e sviluppata da Marie-Louise von Franz, esamina le fiabe non come semplici lezioni di vita ma piuttosto come – per usare le parole di Jung stesso – una radiografia della psiche collettiva. Secondo questa lettura, le forze e le figure in campo altro non sono che gli archetipi. Lo stesso protagonista dei racconti, con il quale il lettore tende ad identificarsi, andrebbe visto non come una rappresentazione dell’io ma piuttosto come l’incarnazione della tendenza psichica a produrre la coscienza egoica all’interno dell’economia della vita psichica. Donald Kalsched, Verena Kast e Hans Dieckmann hanno utilizzato nei loro scritti una prospettiva fiabesca per illustrare lo sfondo archetipico di alcuni disturbi psichici.
Per questo motivo, la nostra attenzione sarà diretta a delle vere fiabe, frutto di una tradizione orale popolare. Le fiabe inventate e scritte da individui dotati di grande fantasia (Rodari, Hans Christian Andersen) sono senz’altro interessanti, ma ci rivelano la realtà complessuale dell’autore piuttosto che quella radiografia archetipica della vita psichica nella sua universalità.