Il rifiuto deciso di andare a scuola, manifestazioni come il vomito ogni mattina prima di uscire di casa o di entrare in classe, prolungati nel tempo, possono essere i sintomi di una vera e propria “fobia scolare: un rifiuto molto serio che potrebbe svilupparsi in un funzionamento psicotico. Questa fobia può dipendere da una psicosi simbiotica per cui il bambino non vuole abbandonare il genitore per paura di perdere le garanzie affettive, oppure vede il mondo esterno in modo paranoico e quindi non vuole andare negli ambienti in cui vede i pericoli”. A illustrare le caratteristiche della fobia scolare è Francesco Montecchi, neuropsichiatra infantile e presidente della Onlus La cura del girasole, che tratta questo disturbo anche nel suo ultimo libro ‘Psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza. Percorsi terapeutici’ (casa editrice Franco Angeli). I contenuti del testo saranno discussi il prossimo 25 ottobre, durante la seconda delle Giornate precongressuali IdO (Istituto di Ortofonologia), dedicate al tema ‘Dall’infanzia all’adolescenza’.
La comparsa dei primi segni della fobia scolare può avvenire già “dalla scuola materna, con grandi pianti prima di entrare- spiega l’esperto- o alle elementari, magari perché il bambino ha ansie da prestazione rispetto alle richieste di alti livelli prestazionali da parte dei genitori a cui sente di non poter arrivare”.
Il rifiuto della scuola può essere il campanello di allarme di un futuro ritiro sociale? “Il ritiro sociale avviene dopo, il bambino rifiuta di andare a scuola, si chiude in casa e lo rivediamo da adolescente- spiega Montecchi, sottolineando che- in adolescenza la fobia sociale è gravissima e significa: ‘Mi chiudo in casa e non ho rapporti col mondo esterno, perché sento il mondo esterno come pericoloso’. Oppure perché ‘il mondo esterno attiva dentro di me alti livelli funzionali e quindi non esco altrimenti entro in contatto con la mia funzionalità a volte aggressiva, altre volte sessuale che non so come gestire’. È così- prosegue l’esperto- che l’adolescente si ritira in casa, fino a non mangiare neanche più con i genitori, a non salutarli. Da qui si arriva poi all’inversione del ritmo sonno-veglia, per cui il ragazzo dorme di giorno per non sentire i rumori del mondo che gli provocano angoscia, e compensa questa angoscia della solitudine con l’iperattività sul web di notte. Qui entrano in gioco delle alterazioni biologiche, del circuito della melatonina e dei neurormoni che aggravano ulteriormente la situazione”.
In vista del 10 ottobre, Giornata mondiale della salute mentale, il neuropsichiatra infantile spiega quali sono i possibili approcci terapeutici di questo grave disturbo. “Se noi osserviamo solo il comportamento, allora facciamo una riabilitazione psichiatrica per riagganciarlo sul sociale. Ma se noi lo analizziamo in termini psicodinamici, allora lo vediamo come un vissuto persecutorio del mondo o come una progressione di un alto livello funzionale che il ragazzo non sa gestire e che lo fa ritrarre- continua il medico- perché se entra in contatto col contesto sociale rischia di essere un incontinente aggressivo sessuale”.
Tornando all’ambito scolastico, Montecchi ricorda come spesso le strutture pubbliche per la Salute mentale si dedichino quasi esclusivamente “agli aspetti burocratici o ai disturbi dell’apprendimento, perché sono quelli più facilmente trattabili. Ma- sottolinea il presidente della Onlus La cura del girasole- almeno due Disturbi di apprendimento (Dsa) su tre hanno una base emotiva che crea al bambino difficoltà a dedicarsi a un sano apprendimento. Vedo moltissime diagnosi di Adhd nelle strutture pubbliche, frutto di questionari che vengono somministrati ai genitori e agli insegnanti. Ma spesso- prosegue l’esperto- i bambini con Adhd sono bambini depressi o psicotici, perché esiste anche l’iperattività come difesa dalla depressione. Il bambino- spiega il neuropsichiatra- sentendo il proprio corpo frammentato si protegge dall’oscurità della depressione. Oppure è un bambino che ha una frammentazione del pensiero e quindi anche del comportamento e qui- conclude Montecchi- siamo sul funzionamento psicotico”.