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Amore tossico: il film

Continuando la rassegna cinematografia sui film che hanno come oggetto le dipendenze non può non essere menzionato il film di Claudio Caligari “Amore tossico” (1983).
Mentre le borgate di Pasolini sono quelle del dopoguerra, affamate e segnate dalla miseria, le borgate di Caligari sono abitate da una nuova categoria di “invisibili” nata a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, segnati dalla rapida diffusione dell’eroina e della tossicodipendenza.

La storia di Amore tossico si svolge tra il lungomare di Ostia e il SerT di Piazza dei Mirti, nel quartiere romano di Centocelle. In questo ambiente si svolge la tormentata routine di questi ragazzi completamente sottomessi a una dipendenza che appare invincibile. Non vi sono nella pellicola eroi comuni ma centrale è la consapevolezza che la loro condizione di vita sia irrecuperabile. Le giornate sono scandite dalla stessa identica circolarità: racimolare quanto necessario per una dose, comprarla dal proprio pusher di fiducia e recuperare l’occorrente per bucarsi. Cesare, Michela e gli altri protagonisti sono disposti a rinunciare a qualsiasi cosa, dal cibo all’amicizia, dal lavoro agli affetti pur di trovare la dose. Si alterneranno difatti furti, rapine, piccoli litigi, problemi con la polizia e la giustizia.

Particolarità del film è quella di avere come attori protagonisti persone realmente eroinomani o che comunque avevano avuto un passato di tossicodipendenza. Questa scelta ha creato delle difficoltà logistiche in quanto gli interpreti venivano arrestati per reati derivanti dalla loro situazione o perché erano alle prese con frequenti crisi di astinenza. La maggior parte dei personaggi del film hanno lo stesso nome degli attori che li interpretano, per avere maggiore spontaneità e naturalezza da parte degli interpreti.

Lo stesso gesto di filmare l’atto dell’endovena tossica senza staccare la macchina da presa è una scelta stilistica coraggiosa e costringe lo spettatore a prendere coscienza della realtà dei fatti: pur di bucarsi, non avendo più vene nelle braccia e nelle gambe, Loredana arriva a infilarsi l’ago in giugulare.

Il film ebbe, grazie al suo realismo, un enorme impatto anche sul piano linguistico. Vennero difatti introdotte inflessioni linguistiche prese dal mondo carcerario e da quello della droga. Termini come “spada” invece di “siringa” e espressioni come “stare a rota persa” entrarono nel lessico ordinario delle periferie capitoline, creando un vero e proprio slang delle borgate.

Lo sapevi che:

  • Michela muore di overdose nel punto esatto in cui Pasolini viene ritrovato cadavere il 2 novembre del 1975. Un omaggio al poeta delle borgate romane, che Caligari ama e al quale si ispira.
  • Vince il Premio speciale nella Sezione De Sica alla 40° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia del 1983, per avere cambiato radicalmente lingua e stilemi sul tema della tossicodipendenza, costringendo lo spettatore a spalancare gli occhi su una realtà terribile e sofferente
  • Caligari conobbe i protagonisti del film grazie al sociologo Guido Blumir. Cesare Ferretti e Michela Mioni, erano fondatori della rivista Il Muro, primo magazine italiano nato all’interno di un SerT. Blumir aveva conosciuto i due ragazzi, entrambi eroinomani, con l’intenzione di intervistarli per scrivere un libro.
  • Per le scene raffiguranti l’assunzione per via endovenosa delle sostanze, venivano usate o dell’acqua distillata per simulare l’eroina bianca o un farmaco epatoprotettore che aveva effetti benefici e depurativi sul sangue.

Dubbi e domande:

Anonima, 16 anni
Avevo sospetti che il mio ragazzo si drogasse ma negava sempre…


Intervista a Claudio Caligari, il restista del film “Amore Tossico“…