Colpiti da un terremoto che ha distrutto le loro case e le loro città, poi costretti dalla pandemia a rivoluzionare ancora una volta le proprie vite. Sono le ragazze e i ragazzi delle zone dei crateri dei terremoti di agosto e ottobre 2016, ma anche di Ischia, colpita dal sisma il 21 agosto
2017. Come hanno affrontato l’evento della pandemia questi giovani? Quali sentimenti e strategie di sopravvivenza hanno prevalso? Evitamento cognitivo, cioè evitare di pensare in modo realistico al problema; rivalutazione positiva, ossia ripensare e ristrutturare il problema in chiave positiva; ricerca di gratificazioni alternative e sfogo emozionale. Ecco le modalità messe in atto dai giovani, soprattutto le ragazze, per affrontare
il trauma della pandemia. Il dato emerge da un questionario che è stato somministrato dagli psicologi dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) a un campione di 1.367 ragazze e ragazzi di età compresa tra 10 e 21 anni.
Se da un lato per quasi un intervistato su quattro la propria condizione psicofisica è stato il più grande problema da affrontare, per un altro 17% ha pesato la necessità di modificare o annullare progetti importanti, con una conseguente forte inibizione dell’autodeterminazione e della spinta vitale tipiche dell’età adolescenziale. Per aiutare gli studenti ad affrontare sia il trauma del sisma che la pandemia, l’Istituto di Ortofonologia si è attivato per non far mancare il proprio supporto, prima di tutto psicologico, durante il lockdown, che ha acuito il senso di isolamento e abbandono di quei territori già martoriati. Il progetto “Conoscere il passato per ricostruire” non si è mai arrestato e anche nei mesi del confinamento ha garantito assistenza psicologica a studenti, docenti e genitori, oltre che laboratori teatrali e iniziative culturali. “Di fronte a un trauma si attivano meccanismi difensivi arcaici che portano a uno scollamento tra le esperienze e i contenuti emotivi- spiega la responsabile del servizio Terapie dell’IdO, Magda Di Renzo- per questo è necessario creare connessioni, aprire spazi di riflessione continui tra adulti e ragazzi, che veicolino informazioni, che fungano da contenitore stabile per valorizzare e far emergere le resilienze dei ragazzi”.
Il trauma da origine naturale (come un terremoto o una pandemia, ndr) “può attivare in genere una maggiore collaborazione tra tutti gli appartenenti alla comunità. Questa è una forza molto importante- commenta la psicoanalista junghiana- nei giorni scorsi ho ascoltato interviste rilasciate da sindaci e vicesindaci dei paesi più piccoli, si sente la forza di andare avanti perché- sottolinea la psicoterapeuta- in questo caso non
bisogna ricostruire relazioni umane ma luoghi”.
Tuttavia, anche la ricostruzione dei luoghi è dolorosa, constata Di Renzo, a causa di “tutti i ritardi che hanno attivato un senso di sfiducia nelle istituzioni. Ma- ribadisce- la cosa che mi ha molto colpito è che questa riattivazione degli aiuti ha riacceso la costruttività e la speranza”. Un luogo da ricostruire e garantire in particolare deve essere però “la scuola- sottolinea Di Renzo- È un appello da raccogliere, la scuola è uno dei luoghi della nostra cultura. Costi quel che costi, a qualunque condizione- esorta- i bambini e i ragazzi- devono avere la possibilità di una continuità culturale”.