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Prematurità, neonatologo: Monitorare neurosviluppo per la qualità della vita

Dotta (Opbg): Attenzione particolare sui neonati sotto i 1.500 grammi

“La qualità della vita deve essere quello a cui miriamo per garantire il miglior sviluppo dei nostri neonati. Per questo è importante la precocità nell’intercettare i problemi o meglio ancora nel prevenirli”. A dirlo è Andrea Dotta, presidente della Società italiana di neonatologia (Sin) del Lazio e responsabile S.C. Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, intervenuto alla seconda lezione del corso gratuito online su ‘Individuazione dei disturbi del neurosviluppo 0-3 anni promosso dalla Società italiana di pediatria (Sip).

Nell’ambito del suo intervento Dotta si è concentrato, in particolare, sulle problematiche legate alla prematuirtà. “In Italia le nascite pretermine hanno un’incidenza che si aggira, a seconda della definizione della prematurità, intorno al 7% sotto le 37 settimane, e meno dell’1% sotto le 32 settimane”, ha spiegato il neonatologo. In particolare andando a illustrare gli ultimi dati completi disponibili per il Lazio, relativi al 2017, Dotta ha sottolineato come “se ci concentriamo sui nati con un peso sotto i 1.500 grammi abbiamo 268 neonati all’anno con una sopravvivenza decisamente elevata- dunque- possiamo dire tranquillamente che questi neonati sono meritevoli di un’attenzione particolare in epoca molto precoce per quello che riguarda il neurosviluppo”. In termini di età in giorni ed età gestazionale “vediamo che la fascia di età gestazionale tra le 28 e le 31 settimane ha una sopravvivenza estremamente elevata- dice Dotta- Questo vuol dire che sono tutti pazienti che poi meritano un’attenzione particolare per il neurosviluppo”.

Ma quali sono le patologie neonatali di interesse neurologico? “Se ci concentriamo sui neonati pretermine- spiega l’esperto- vediamo un rischio elevato di emorragia intraventricolare che poi può dar luogo all’idrocefalo postemorragico. Più raramente si ha la leucomalacia periventricolare, con rischio maggiore di paralisi cerebrali. Invece- spiega ancora Dotta- nel neonato a termine, soprattutto in caso di asfissia e sofferenza perinatali, abbiamo la encefalopatia ipossico-ischemica. Associate a queste o meno frequenti ci sono lo stroke, le malformazioni, le encefalopatie di origine metabolica, e le infezioni cerebrali, altrettanto frequenti e pericolose”.

Da qui l’importanza degli interventi precoci. “Sappiamo bene che se da un lato è vero che il cervello del neonato è più esposto ad avere un danno, una sofferenza- dice Dotta- sappiamo anche che la funzione del suo cervello è molto plastica. Per cui- dice- se si agisce in maniera tempestiva, mirata e coordinata inter-specialistica si ha la possibilità che aree del cervello ancora integre possano imparare a svolgere le funzioni che altrimenti sarebbero perse dalle aree danneggiate”.

La Sin e la Sip hanno fatto delle proposte di protocollo a partire da una valutazione del neonato a 37 settimane con anamnesi personale e familiare, intervista sui fattori ambientali e poi controlli intermedi nel primo anno di vita. Focus particolare sull’esame neurologico, lo Hine (Hammersmith infant neurogical examination) “che deve eseguire il neonatologo- precisa Dotta- perché è uno strumento fondamentale per classificare precocemente il neonato a rischio di paralisi cerebrale” e poi la Gma (General movement assessment).