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Salute. Di Renzo: Con ‘spasmi affettivi’ i bambini bloccano paura e rabbia

La responsabile del servizio Terapie IdO: Sono distinti in sindrome pallida e blu in base alle manifestazioni

La dimensione affettiva ha un influsso molto forte sui comportamenti dei bambini. Una relazione che è chiaramente evidente, ad esempio, negli spasmi affettivi: “disturbi dell’espressione affettiva che fanno parte dei disturbi della psicosomatica del primo anno di vita. In questi spasmi c’è una perdita di coscienza, come se il bambino si bloccasse non riuscendo ad andare incontro al sentimento penoso che prova”. A spiegare le caratteristiche di questi disturbi è Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), tra i relatori della seconda lezione del corso gratuito online su ‘Individuazione dei disturbi del neurosviluppo 0-3 anni’, promosso dalla Società italiana di pediatria (Sip) e seguito da 1.500 pediatri.

Quali sono le emozioni che il bambino blocca con questi spasmi? Ricordando che essi vengono suddivisi in sindrome pallida e sindrome blu o cianotica, l’esperta chiarisce che “il sistema emotivo che si attiva nella sindrome pallida è la paura. Mentre il sistema emotivo che si attiva nella sindrome blu è quello della rabbia. Sono emozioni che vanno capite- avverte- anche nella relazione con i caregiver”.

Dal punto di vista psicodinamico, spiega la psicoterapeuta, “sono una prima manifestazione di stati dissociativi perché in quel momento la coscienza si separa”. Gli spasmi affettivi, prosegue l’esperta, “si dividono in sindrome pallida e sindrome blu o cianotica. La sindrome pallida è più rara, interessa il 15-19% dei bambini, ma è considerata anche più insidiosa. Si caratterizza per un’ asistolia che provoca ipossia, che a propria volta può provocare perdita di coscienza. Se questa dura qualche secondo possono esserci delle contrazioni- precisa Di Renzo- per cui è necessario effettuare una diagnosi differenziale così da eliminare la possibilità dell’epilessia. La sindrome blu provoca il blocco del respiro dal quale si determina l’ipossia e quindi lo svenimento”.

Questi arresti, chiarisce Di Renzo, possono essere considerati “uno dei primi sistemi difensivi del bambino che, per non fare fronte a un sentimento penoso, si blocca. La perdita di coscienza impedisce che ci sia una memoria dell’accaduto. È un meccanismo che avviene al di fuori della coscienza- tiene a precisare l’analista junghiana- per cui non c’è il passaggio dell’autoregolazione da parte del bambino”.

Come per altri disturbi che riguardano la sfera affettiva, la psicoterapeuta sottolinea la necessità di includere, nell’analisi del quadro complessivo, “anche la reazione dei genitori. Queste situazioni sono state definite ‘simulacro di morte’- spiega ancora la responsabile del servizio Terapie dell’IdO- e determinano naturalmente un’ansia fortissima del genitore che entra a far parte della crisi”.

Fino a quando possono manifestarsi questi disturbi? “Sappiamo che le prognosi da un punto di vista medico sono favorevoli, tendono a sparire intorno al terzo anno di vita. È importante però considerare cosa lasciano nella vita del bambino- illustra Di Renzo- considerando che la conoscenza è bottom-up e quindi da lì iniziano poi a determinarsi a livello di vissuto somatico delle rigidità che influenzano le reazioni del bambino”. Da questo punto di vista, “non esistono studi di correlazione su quanto questi spasmi siano in relazione con disturbi futuri- tiene a precisare l’esperta- ma dalla nostra esperienza clinica spesso è emerso che nell’anamnesi di disturbi della condotta, anche alimentare, ci siano stati in passato questi spasmi”, conclude.