“Mario Rusconi è noto come uno dei presidi illuminati, ha da sempre considerato lo psicologo una figura importante per i ragazzi e, come lui, tanti altri presidi. Per lavorare con i giovani non ci si può improvvisare, occorrono formazione specifica e attività mirate. La risposta al loro malessere deve essere immediata, altrimenti si peggiora la situazione. Il passo è stato breve dalla sindrome della capanna al ritiro sociale e i ragazzi sempre più soli in questa mancanza di relazioni sono portati a compiere atti estremi che molti adulti dicono di ‘non capire’. Forse, bisognerebbe smettere di pronunciare queste frasi per iniziare a domandarsi cosa accade ai ragazzi”. Ad accogliere l’appello del presidente di Assopresidi sulla necessaria presenza degli psicologi a scuola è Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che da oltre 30 anni lavora al fianco delle scuole per garantire un supporto psicologico a studenti, docenti e genitori, contando sportelli di supporto e ascolto psicologico in presenza e online in 850 istituti comprensivi italiani.
“Il malessere degli adolescenti viene da sempre considerato dagli adulti come ‘situazione complicata ma transitoria, destinata ad essere superata con il tempo’. Questo accade perché nel rapportarsi ai giovani gli adulti si rifanno a loro vissuto personale, senza guardare a quello che vivono le nuove generazioni- spiega Castelbianco- così ne deriva una minore preoccupazioni verso il mondo dei giovani”. Ma parlando con chi li conosce bene, il ritratto appare subito differente: “Gli adolescenti di oggi sono molto più vulnerabili e fragili di quanto si possa immaginare, e poi sono ignoranti nel senso che non ci sono adulti che li informino e li ascoltino- avverte lo specialista- tutto resta all’interno dell’asse genitori-docenti, come fosse l’unica soluzione ai problemi dei giovani”.
In questo vuoto collettivo i ragazzi si muovono in una loro ‘autonomia’ che non prevede né limiti ne appigli reali. Autonomamente trovano modelli da imitare su internet senza che alcun adulto li possa far riflettere: challenge, il balconing (saltare dal balcone) o sfidare la morte sui binari del treno.
Sono solo alcune tendenze, meglio non dimenticare che si è abbassata alla primissima adolescenza l’età dei rapporti sessuali, dell’assunzione di droghe, di atti di autolesionismo e comportamenti suicidari ed è aumentato il bullismo e il cyberbullismo intesi come violenza e aggressività. “I giovani non hanno riferimenti- ripete ancora lo psicoterapeuta- quando 30 anni fa abbiamo iniziato a mettere sportelli nelle scuole in presenza, ci siamo resi subito conto che non era sufficiente. Sapevamo che era un successo parziale se su 1.000 ragazzi venivamo contattati da 100, e abbiamo deciso di aprire gli sportelli online. Uno per ogni ambito di malessere: ‘Se so è meglio‘, ‘Chiedilo agli esperti‘, ‘Vittima di bullismo, omofobia?‘, ‘Perché bere?‘ e tanti altri. Restare anonimi permette loro di non sentirsi giudicati, di poter fare domande senza avere paura”, fa sapere Castelbianco.
Con lo scoppio dell’epidemia l’IdO ha messo in campo una squadra di 80 specialisti professionisti nell’età evolutiva pronta a rispondere 6 giorni su 7 alle paure di studenti, insegnanti e genitori. I servizi ‘Ido con voi’ e ‘Lontani ma vicini’ hanno contenuto e continuano a contenere i giovani in preda a “ansia, attacchi di panico, stress, rabbia, frustrazione, paura e bisogno di chiarimenti sui limiti imposti dalle restrizioni. A marzo, i due servizi ampliati a causa del lockdown contavano già migliaia di contatti giornalieri- racconta Castelbianco- e al momento gli sportelli online sono attivi in 700 scuole, mentre quelli in presenza restano attivi in 150 istituti”.
I ragazzi non si sentono solo abbandonati, loro si sentono non ascoltati, “non considerati dalle istituzioni e dal mondo degli adulti. Capisco che nel non farli tornare in presenza a scuola non si poteva chiedere il loro pensiero- conclude- ma ritengo grave il non aver pensato a garantire un mantenimento costante della relazione dei ragazzi tra loro e con la scuola. Non è stato fatto e adesso ne paghiamo le conseguenze”. Difatti, in quest’ultima settimana assistiamo a risse in piazza e proteste davanti le scuole perché hanno molto da dire ma continuano a non sentirsi ascoltati.