Si parla sempre di più del fenomeno hikikomori, ma non si immagina che sia una realtà oggettivamente estesa anche in Italia. Le cifre note si aggirano sui 100mila casi nella penisola, ma la fotografia vera è molto più oscura. Il lockdown, nel frattempo, ha portato alla ribalta la paura del ‘ritiro sociale’ perché sempre più giovani preferivano restare reclusi in casa in preda alla ben nota ‘sindrome della capanna’. Questo disagio però è assai diverso dal ‘ritiro sociale’, perché “per parlare di sindrome hikikomori è necessario che la reclusione sia continuativa nel tempo e duri almeno 6-8 mesi”. A parlarne è Floriana Meoli, psicoterapeuta dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che fa parte del progetto ‘Ritirati ma non troppo’, di supporto alle famiglie , che a gennaio ripartirà con due iniziative: uno sportello di supporto e nuovi gruppi di aiuto di primo livello per i genitori che ne faranno richiesta.
Nel ripercorrere le tappe di questo intervento, Meoli ricorda: “Siamo partiti in piena quarantena. Lo scorso maggio un gruppo di psicoterapeuti, psichiatri e psicoanalisti provenienti da tutta Italia e di diversa formazione si è riunito per riflettere su come aiutare le famiglie di ragazzi ritirati sociali, attivando il primo gruppo di lavoro a luglio 2020. Oggi abbiamo già realizzato tre gruppi di lavoro di primo livello- fa sapere la psicoterapeuta- con circa dieci famiglie e alcune di queste sono passate a un lavoro di secondo livello, che sta per concludersi”. Da qui la necessità di implementare l’offerta di aiuto: “Poiché sempre più genitori ci chiedono il passaggio a un terzo livello di intervento, per non essere lasciati soli, faremo partire uno sportello di aiuto a cui potranno accedere solo coloro che hanno già partecipato ai gruppi di primo e secondo livello. Sarà, quindi, fornito esclusivamente a queste famiglie un recapito telefonico con cui mettersi in contatto una volta la settimana e in un orario specifico”. È una sorta di accompagnamento “che ci permetterà di misurare e tarare l’aiuto in base alle necessità di ogni nucleo familiare”.
L’esordio del disturbo hikikomori in genere avviene in adolescenza, verso i 13 anni, ma può proseguire anche in età adulta. “Ci sono famiglie che ci raccontano di figli reclusi da più di 10 anni, così per continuare a supportarle faremo partire a gennaio dei nuovi gruppi di primo livello. Abbiamo una lista di attesa- sottolinea la psicoterapeuta- la richiesta di aiuto cresce ma man mano che arriveranno le domande di partecipazione, noi attiveremo i percorsi. I nostri interventi sono completamente gratuiti e hanno il vantaggio, essendo in teleriabilitazione, di far entrare gli specialisti direttamente nelle loro dimore, senza alcuna necessità di spostamento”.
In pratica nel primo livello sono previsti 6 appuntamenti: 4 sedute settimanali e due bisettimanali per dare tempo e modo alle famiglie di sedimentare quanto maturato durante gli incontri. La stessa modalità avviene per i gruppi di secondo livello, sebbene in questa fase più avanzata del lavoro la figura dello psicoterapeuta viene affiancata da quella del medico psichiatra per poter offrire ai genitori un maggiore supporto. “Siamo riusciti a creare una dimensione clinica talmente forte da far sentire i genitori accompagnati e accolti. Le mamme e i papà che hanno partecipato, sono riusciti a condividere dei vissuti personali prima ingabbiati nella solitudine. Noi favoriamo il confronto e lavoriamo per portare i genitori a parlare di altro. Negli incontri di secondo livello, infatti- sottolinea Meoli- le famiglie si sono sentite sostenute da una rete e ci hanno raccontato di traumi personali, transgenerazionali, non riferiti ai loro figli”.
Partecipano più le mamme, ma non mancano i papà. “Ci sono pure coppie genitoriali che prendono parte al lavoro insieme- conclude la psicoterapeuta dell’IdO- ed è stato attivato un percorso terapeutico con una delle ragazze hikikomori presentate dai genitori. In quest’ultimo caso la terapia è portata avanti da Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie IdO”.
Per avere informazioni su come partecipare è possibile scrivere alla mail pmldoria@gmail.com e consultare la pagina http://www.ortofonologia.it/ritirati-ma-non-troppo-un-aiuto-per-le-famiglie-degli-hikikomori/