In presenza fisica “mi arriva, sul piano controtransferale, un’ondata di sensazioni ed emozioni estremamente potente, che non è equiparabile con quello che si attiva guardando il riquadro di uno schermo. Quando la seduta è online manca un passaggio immediato di tipo energetico. Questo fa sì che il lavoro col paziente sia molto più faticoso proprio per la mancanza di quella speciale interazione generata dalla dimensione inconscia psicosomatica che avviene durante la terapia di persona. Infatti, ciò che il corpo del paziente esprime passa direttamente al sistema percettivo del terapeuta, attivando le emozioni corrispondenti e informando il suo sistema, prima della sua consapevolezza”. Parte da qui Alda Marini, psicoterapeuta junghiana del Cipa di Milano e docente della scuola di specializzazione in Psicoterapia ‘Istituto Aneb’, illustrando il recente gruppo di ricerca, sulla psicoterapia online, istituito in collaborazione con l’Istituto di Ortofonologia (IdO) e Fondazione Mite, col coordinamento di Marini e di Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO.
La psicologa junghiana già prima della pandemia aveva esperienza con le sedute online, con pazienti che iniziata la terapia a Milano erano poi rientrati nel paese d’origine. Proprio per l’incremento di questa modalità, in Aneb aveva poi “organizzato una giornata di approfondimento e riflessione sul tema per il 25 gennaio, e un mese dopo eravamo tutti connessi”.
Con il primo lockdown, ricorda la psicoterapeuta Cipa, “ho continuato a ricevere i pazienti con le dovute precauzioni. Ma per la maggior parte si è scelto il proseguimento delle sedute online”. Così “dai 2-3 casi che mediamente avevo da un bel po’ di anni- spiega- c’è stata una moltiplicazione, fino ad avere su quattro giornate di lavoro, due mezze giornate in presenza e il resto online. Una casistica importante”.
Adesso con le nuove restrizioni, Marini ci tiene a sottolineare che “la psicoterapia è fra i servizi per cui un cittadino, comunque, anche in zona rossa si può spostare, producendo eventualmente una certificazione dello psicoterapeuta”. Per tanti motivi, però, “da un raffreddore, alla difficoltà di spostarsi da un comune all’altro, molti hanno seguito la raccomandazione a privilegiare le sedute online”. Così venerdì scorso, la dottoressa racconta “di aver dovuto riorganizzare l’agenda fra sedute di persona e online, valutando caso per caso l’opportunità”.
Oltre all’operatività per la gestione della situazione attuale, Marini traccia anche le prime osservazioni. In presenza “tutto arriva ‘in automatico’- riflette- come se gli inconsci di terapeuta e paziente si parlassero e si sintonizzassero naturalmente. Si produce più velocemente una risposta controtransferale”. Nell’online, invece, “la relazione controtransferale, seppur presente, agisce in modo più blando, mancando l’aspetto corporeo e sensoriale”. Il paziente riporta così “un avvenimento, un sogno, oppure la narrazione di un problema fisico, una patologia organica. Ma il mio lavoro- continua Marini- è maggiore, come se dovessi fare un passaggio in più mancando la dimensione corporea. Da qui un senso di accresciuta fatica alla fine della seduta”.
Tuttavia anche attraverso una terapia online, sostiene, si giunge “a cogliere il punto, a individuare il messaggio simbolico racchiuso nelle comunicazioni del paziente, collegandomi al suo mondo dell’immaginario. Mondo che il metodo ecobiopsicologico- ricorda- mi permette di avvicinare in modo preciso, designandone il campo. Qualunque sia la comunicazione del paziente, il lavoro terapeutico tenderà a coglierne il valore simbolico, chiarito, amplificato e confermato dai vari altri ambiti” che si vanno a esplorare: “il sintomo somatico, il sogno, le sincronicità, portandolo a disvelare la dimensione dell’immaginario che si sta manifestando nel sintomo, nel simbolo onirico, come nell’evento narrato o nell’affetto emerso”.
Davanti, però, “ho uno schermo ed è come se dovessi compiere passaggi in più, per connettermi con il mondo del paziente e il suo immaginario. Devo agganciarlo a un mio vissuto che è corrispondente, perché anch’io dentro di me ho un mondo che funziona allo stesso suo modo”. E da lì, “in questo passaggio, devo poi ricostruire il suo immaginario e ricostruire in me il campo ecobiopsicologico che contiene e designa il suo quadro del paziente: contesto, situazione psico-affettiva, mondo onirico, eventuali sindromi organiche-enumera Marini- cercandone un senso che le accomuni”. Il lavoro terapeutico “di tipo psicodinamico rimane attuabile ma a mancare è questo passaggio immediato di tipo energetico”.
Tra le note di colore, poi, in questa fase, un ruolo crescente possono assumerlo i sogni. Nota la psicoterapeuta: “In mancanza delle esperienze all’esterno, la psicologia del paziente attinge laddove possibile. Se il movimento non può essere tra me e il mondo esterno allora avviene tra me e il mondo interno. Il lavoro online è possibile- conclude- ma è più complesso”.
Il gruppo di ricerca nasce dalla volontà di rendere “continuativa la collaborazione” tra Aneb e IdO, anche perché “siamo tra i pochi- spiega l’esperta- ad avere un’attenzione specifica di tipo psicodinamico al corpo, al suo ingresso in terapia, e anche alle modifiche che si possono raggiungere come risultato di un trattamento psicoterapeutico: alleggerimenti di patologie organiche, scioltezza a livello espressivo, integrazione della relazione mente-corpo”. Queste consapevolezze in comune hanno portato alla costituzione di un gruppo composto di “allievi in formazione delle due scuole (di specializzazione, ndr), per cui ci sono 6-7 allievi, per un totale di circa 15 persone, che si incontrano mensilmente e “da poco- conclude Marini- siamo arrivati a una raccolta di dati attraverso una prima bozza di questionari di ricerca”. Per lo studio della psicoterapia online, il gruppo utilizza un approccio di “continua rielaborazione delle osservazioni che vengono effettuate in terapia”.