La regolazione emotiva riguarda trasversalmente tutti gli atteggiamenti dei bambini, perché l’emozione è ubiquitaria, si trova ovunque, e ovunque svolge un ruolo centrale di organizzazione. Questo è vero anche per i bambini con disturbi dello spettro autistico. Durante la quarantena “abbiamo potuto osservare che laddove è stato fatto un grande lavoro con i genitori, che avevano imparato loro stessi a sintonizzarsi e a regolare gli stati mentali dei figli, non abbiamo avuto particolari risposte disfunzionali, mentre è risultato evidente l’aumento di alcune manifestazioni legate alla regolazione sensoriale, perché quella è una tipicità. Laddove, invece, è stato particolarmente difficile per i genitori contenere questa situazione, anche il bambino ha risposto nello stesso modo”. A parlarne è Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), intervenendo in una diretta facebook sul tema ‘La regolazione emotiva nei disturbi dello spettro autistico e Covid-19’, insieme a Davide Trapolino, neuropsichiatra infantile dell’IdO.
La constatazione della psicoterapeuta dell’età evolutiva non deriva solo “dall’esperienza diretta con i bambini seguiti dal progetto Tartaruga, ma anche dalle tante altre esperienze con cui stiamo venendo in contatto” attraverso i servizi di supporto online alle famiglie. “Sono tanti, infatti, i genitori che non seguiamo direttamente, ma con cui facciamo gruppi da remoto”.
La popolazione di bambini seguiti direttamente dall’IdO è abituata a lavorare “moltissimo sul contenimento corporeo e quindi ha risentito meno della quarantena. Sicuramente, laddove non c’era questa pregressa abitudine – spiega Di Renzo – la disregolazione è emersa come segnale forte per tutti”.
È piuttosto recente l’interesse verso l’emotività, e il suo potere, verso una neurobiologia dell’emozione che dà rilevanza alla componente biologica dell’emozione, che è quella dell’affetto inteso come dimensione relazionale. “Il disturbo della regolazione affettiva non è fra i sintomi, fra i criteri diagnostici, dei disturbi dello spettro autistico, benché svolga un’azione importante, in quanto è una chiara atipia che consegue e si accompagna alle disabilità nucleari del disturbo. Ma è molto importante parlarne – aggiunge il neuropsichiatra infantile dell’IdO – perché nella gerarchia dello sviluppo delle funzioni regolatorie, la regolazione emotiva svolge un ruolo fondamentale. L’interferenza che un bambino con disturbi dello spettro autistico subisce rispetto a questi processi di regolazione è da ricercarsi nella difficoltà di integrazione senso-percettiva nei primi momenti della vita. Il bambino si ritrova a sperimentare delle abnormi reazioni – precisa Trapolino – ha una vulnerabilità allo stress infinita e ciò amplifica quello che in un bimbo ‘normotipico’ potrebbe essere invece modulato. Si tratta di un effetto di amplificazione che estremizza le emozioni: la paura può diventare una fobia estrema, la tristezza una disperazione senza riparazione, la rabbia una collera cieca. Per non parlare della gioia, che può diventare mania o un entusiasmo incontenibile, spesso afinalistico”. Agendo, allora, precocemente su questi aspetti “si può tentare di far emergere dallo stesso bambino quelle strategie più funzionali e adattive di gestione dello stress. Come ci raccontano i soggetti autistici ad alto funzionamento – fa sapere il neuropsichiatra – il bambino autistico è quanto di più lontano da un bambino che non si emoziona, forse è un bambino che si emoziona troppo. E in virtù di quest’enorme emozione, il piccolo deve trovare per forza un modo per organizzarsi, irrigidendosi – continua il medico – così da prevenire disregolazioni emotive molto dolorose”.
Dunque, la vulnerabilità allo stress “è determinante nell’infondere reazioni comportamentali a cui siamo spesso incapaci di dare un senso – e tanto meno di darlo ai genitori – e se non lo comprendiamo, non potremo capire il profondo valore patogenetico che una problematica di regolazione ha nei confronti del bambino. Esempi di disregolazione li abbiamo soprattutto ad alti livelli: la collera cieca, l’imprevedibilità, la fuga, la rabbia incontenibile o il terrore, ma esistono anche altre forme legate alla disregolazione emotiva. Pensiamo alla messa in atto di un comportamento apparentemente afinalistico, che può nascondere una radice di disregolazione emotiva magari a un basso livello, che si fa vedere di meno. O ancora, possiamo considerare i sintomi affettivi, quali quelli depressivi, transitori ritiri dallo spazio relazionale o le stereotipie che a volte servono proprio per scaricare la tensione. Quindi – ripete il neuropsichiatra dell’IdO – attenzione al disturbo della regolazione, perché non è una caratteristica accessoria, ma è una delle caratteristiche nucleari. Probabilmente deve essere un bersaglio terapeutico con la chiara e netta collaborazione di un genitore”.
Tornando al rapporto regolazione emotiva e Covid-19, “se il biglietto da visita dell’autismo è una difesa rigida rispetto a una sovrastimolazione sensoriale, emotiva e così via – prosegue Trapolino – forse la pandemia ha rappresentato una finestra, anch’essa atipica, che ci ha permesso di recuperare la dimensione di persona. Si è venuto a creare uno strano mix di eventi – una minore stimolazione dei bambini e un contesto familiare intersoggettivamente pregnante e preparato – che non ha determinato la comparsa di nuove abilità, ma ha permesso di far emergere quelle abilità che erano rimaste sopite e che sono riemerse quando si sono allentati alcuni nessi”.
Al centro c’è la riabilitazione. “Noi ci crediamo – rimarca il medico – tuttavia, ancor più importante, è la dimensione dell’aver cura in senso ampio. La pandemia è diventata quindi una finestra attraverso cui considerare il bambino nella sua dimensione più ampia, assicurandogli una terapia che non possa prescindere dalle sintonizzazioni necessarie che arricchiscono la vita di ogni bambino, e di cui i genitori sono i protagonisti”.
Come si lavora sulla regolazione emotiva? “In questo momento i bambini devono essere “accolti nelle loro preoccupazioni. Se non c’è un’adeguata sensazione di benessere, non c’è nessuna didattica che funzioni. Abbiamo un vizio radicato nella nostra cultura – critica la psicoterapeuta dell’età evolutiva – guardiamo tanto al bambino e alle sue disabilità e poco ai limiti dell’adulto educatore e del terapeuta. Una disregolazione chiama in causa due persone e non possiamo guardare solo l’altro disregolato. È proprio un paradosso pensare di regolare un altro se io prima non ho regolato le mie emozioni”.
Di Renzo conclude la diretta con un appello: “Dobbiamo lavorare tanto per saper stare accanto a questi bambini, non solo per riabilitarli ma per aver ‘cura’ dei processi vitali nei quali siamo inclusi. Per farlo è importante lavorare sulla regolazione. Se un bambino ha una disfunzionalità per una regolazione sensoriale, è davvero molto importante la reazione dell’insegnante, dell’educatore o del terapeuta, perché lenire dal punto di vista emotivo può aiutare il bambino anche a lenire dal punto di vista sensoriale. Il grande lavoro che facciamo come terapeuti, e che cerchiamo di comunicare a genitori e insegnanti, è che non possiamo aiutare un altro a regolarsi se umilmente non accettiamo le nostre disregolazioni di fronte alle diversità e all’atipia, e se non cerchiamo di elaborarle con una risposta che tenga conto dell’altro e che includa in una nuova relazione il tutto”, termina la psicoterapeuta.